Scene da un matrimonio meridionale

Scene da un matrimonio meridionale

La chiesa. Il prete amico di famiglia che li ha battezzati e cresimati. Fiori bianchi ovunque che attraggono sciami di insetti. Le partecipazioni filigranate con le fedi intrecciate che hanno lo stesso gravame di un avviso di garanzia. L’Ave Maria di Schubert, sempre con il solito arrangiamento. L’acconciatura barocca e boccolosa (ma un sensuale liscio sciolto senza orpelli no?) della sposa, svegliata all’alba dalla parrucchiera pettegola del quartiere. I bigodini di una notte. Il sentirsi stupidamente una principessa. La pura innocenza, anche se si ha la panza di tre mesi avanti. Damigelle e paggetti, rigorosamente scelti tra i pargoli più brutti e chiagnazzari del parentado. Lo strascico. Le permanenti tinte delle zie zitelle. I loro occhiali dai vetri violacei a nascondere un trucco da drag queen. Il padre che accompagna la sposa con il gessato da camorrista. Lo sposo che scopre il velo e si accorge che sotto le tonnellate di fondotinta c’è il cesso di sempre. Il fotografo che già pensa a come cancellare le rughe e le zampe di gallina con il Photoshop. Le sorelle minori della sposa che muoiono d’invidia. Le maggiori che quasi si suicidano perché doveva toccare prima a loro. Gli amici donnaioli dello sposo che sogghignano pensando che sia tutta una recita. Parenti che piangono e svengono. Il riso sottomarca del discount che va ad incollarsi ovunque al momento del lancio.

Riso

L’imbarco degli sposi sul carro funebre per la lunga maratona fotografica, e gli invitati che stupidamente corrono alle macchine per precederli al ristorante. Le solite foto in pose da yoga a Via Caracciolo e Posillipo. Gli invitati che al ristorante si ingozzano di pane in attesa che gli sposi arrivino per potersi dedicare dell’unica cosa piacevole della giornata (mangiare a sbafo, anche se sulla partecipazione c’è scritto che ci sarà il semplice saluto ad amici e parenti. Cazzo significa, poi?). La musica dimmerda che celebra l’arrivo degli sposi. Il taglio del nastro, manco si inaugurasse una nuova stazione della metropolitana. Il buffet che precede il servizio a tavolo, dove i tipi poco abituati a sgomitare tra la folla sanno che non mangeranno un cazzo. Il tanfo dell’olio motore utilizzato per friggere dal vivo le zeppoline di alghe. Le cascate di prosciutto crudo. Trippa, pasta e fagioli e per’e’muss accanto alla finta alta cucina (per spezzare la solennità, dicono). L’insalata di mare e le cozze che puzzano come i Regi Lagni. Gli sposi che siedono isolati dal mondo, manco fossero animali esotici in gabbia. Il pranzo vero e proprio che comincia quando già sei sazio. I soliti paccheri ai frutti di mare. Il solito filetto di platessa spacciato per orata. Il vino rosso che non c’è perché il pranzo è di pesce. La confettata multicolore. L’angolo dei sigari e dei rhum. Il cantante che urla, ovattando le conversazioni. Il solito zio folkloristico che vuole cantare una canzone. I bambini confiscati dalle animatrici del miniclub (e menomale, altrimenti sai che lagne?). Le zie che si tolgono le scarpe emanando effluvi più intensi di quelli di una cella di stagionatura di pecorini. La carne turistica del secondo di terra che lasci a metà perché fa schifo e stai già scoppiando. Il valzer in onore della sposa. Il giro tra i tavoli. La consegna ammacchiata della busta manco fosse una partita di cocaina purissima. Il lancio del bouquet e le urla sguaiate di chi lo prende. Il lancio della giarrettiera e gli uomini che si scansano.

Buffet

La torta multipiano, che non accontenta mai chi preferisce la cioccolata alla panna. Il morto di fame della compagnia che si mangia persino le zuppette della piccola pasticceria (quelle che scartano tutti, anche nel cabaret di dolci domenicale). Il regalo ai testimoni (un tempo erano due, oggi arrivano anche ad otto, vista la crisi). La consegna delle bomboniere meditate per mesi, ovviamente pacchiane ed inservibili. La loro vendita su Subito il giorno successivo. La mancata vendita ed il loro accantonamento in vista del prossimo regalo riciclato. Gli sposi che non vedono l’ora di andarsene per poter finalmente consumare (come se poi quella della prima notte di nozze fosse davvero la prima copulata della loro vita, come magari hanno raccontato al prete che li ha sposati anche in presenza di pance sospette). Gli invitati che non vedono l’ora di andarsene perché tenuti in ostaggio per una giornata intera. Il ritrovarsi tutti da Aurelio alla Torretta per una pozione digestiva. Il viaggio di nozze, rigorosamente a lungo raggio perché l’Europa è da poveracci. Meglio se New York e Santo Domingo o Dubbbai e Maldive. Il sopraggiungere di un inevitabile senso di vuoto.

torta nuziale

Senza scomodare il sancta sanctorum del kitsch di Don Antonio & co., questi sono i soliti, stupidi rituali di un matrimonio meridionale. E non c’è nulla in tutto questo che non sia scontato e di cattivo gusto. E potrebbe anche andare peggio: c’è chi riveste una carica militare e si sposa in divisa, neanche fosse l’erede al trono d’Inghilterra…

Sonrisa

 

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