Come si mangia da Cannavacciuolo? Abbiamo provato Laqua

Come si mangia da Cannavacciuolo? Abbiamo provato Laqua

Nell’immaginario colletivo, il ristorante stellato è quel locale carissimo dove spendi quanto una gita a barca a vela con skipper riservato per assaggiare quattro bocconcini in croce tenuti insieme da abbinamenti strambi, per poi uscirne con più appetito di prima. Eppure gli chef stellati, tra cooking talent show ed ispezioni nelle cucine dei ristoranti più zozzi d’Italia, spadroneggiano in tv e più volte hanno provato a spiegare cosa significhi alta cucina: più che pranzare/cenare, ti immergi in un percorso degustativo con un filo conduttore, che può parlare delle esperienze di vita dello chef, dei suoi ricordi di infanzia, del territorio a cui la sua cucina è legata. Vivi un’esperienza, sei il destinatario di un dipinto, di un affresco. I costi eccessivi sono dovuti sostanzialmente alla qualità delle materie prime (anche le più povere), che devono essere selezionatissime, a filiera corta e di stagione, e alla complessità delle preparazioni. Non c’è spazio per congelati, semilavorati, precotti o primizie fuori stagione importate dall’altro emisfero. Non si va certo da uno stellato per abbuffarsi, e chi è abituato ai buffet delle grandi navi da crociera, tutta quantità e zero qualità, non potrà mai uscirne soddisfatto. Ma che si finisca un pasto a stomaco vuoto è un falso mito: tra fuori menù ed alcuni trucchetti del ristoratore studiati ad arte, ci si alza da tavola quasi sempre sazi e soddisfatti.

Come si mangia da Cannavacciuolo

Personalmente, in cucina credo nella materia prima e nelle eccellenze gastronomiche del territorio: quando ciò avviene, mi piace tanto mangiare nella trattoria scostumata dove posso sbranare una bistecca tenendola per l’osso, tanto il ristorante gourmet. Dopo tante resistenze dovute alla paura di sfigurare in un posto del genere, non essendo nè un industriale, nè un libero professionista (altro luogo comune è quello che vuole solo i ricchi seduti alle tavole di questo genere di ristoranti), ho voluto rompere il ghiaccio prenotando al Laqua Countryside, la tenuta di famiglia dello chef Antonino Cannavacciuolo, situata nelle campagne di Ticciano, sulle colline di Vico Equense. Aperta nell’estate del 2021 per intraprendere un ritorno alle origini dopo i successi ottenuto in Piemonte con Villa Crespi e i bistrot di Torino e Novara, la cucina è stata affidata allo chef Nicola Somma (ex executive del bistrot di Torino, una stella Michelin) ed ha immediatamente ottenuto, nel dicembre dello stesso anno, la prima stella ed altri prestigiosi riconoscimenti da parte delle più influenti riviste gastronomiche italiane. Vediamo insieme cosa si prova a mangiare in un ristorante stellato:

Come si mangia da Cannavacciuolo

Accoglienza top: in attesa che il mio tavolo venga apparecchiato, una collaboratrice mi offre una breve visita della tenuta con relativa spiegazione storica e dell’orto, da cui provengono tutti i prodotti vegetali utilizzati in cucina. Una volta in sala, mi affida alle cure dei premurosissimi camerieri, che, prima della scelta del menù, mi portano un aperitivo composto da cinque fingers che vengono perfettamente illustrati dallo staff:
– Quenelle di Ragout Napoletano fritto, preparato con costine di maiale e servito con Parmigiano Reggiano stagionato 36 mesi;
– Panino al vapore con gelée di birra artigianale, maionese alle acciughe e crema di arachidi;
– Tartelletta di pasta brisée con cremoso ai funghi porcini con maionese al prezzemolo;
– Biscuit al cioccolato con stracotto di coniglio all’ischitana e gelée di lamponi (il migliore in assoluto dei cinque);
– Focaccina all’olio con Culatello di Zibello.

Aperitivo

Si percepisce immediatamente un senso di coccole e attenzioni verso il cliente. Terminato l’aperitivo, arriva il maitre in livrea per la scelta del menù. Sono previsti due percorsi-degustazione che variano leggermente a seconda della stagionalità, uno da 95€ con quattro portate più sorprese e assaggi vari, ed uno da 125€, che prevede un secondo in più. Opto per il primo, più orientato al pesce, e chiedo di aggiungere dalla carta l’agnello con capasanta, cavolfiore e liquirizia, essendo golosissimo di quest’ultima. In attesa dell’antipasto arriva una vasta scelta di pane (il trucchetto di cui vi dicevo prima per indurre il senso di sazietà nel commensale), già osservata nei video amatoriali girati a Villa Crespi (una fragrantissima pagnotta di lievito madre appena sfornata, grissini tirati a mano croccantissimi e chips con o senza ragù napoletano), accompagnata da burro modellato in un’oliva per omaggiare il frantoio che prima occupava la tenuta ed un’altra entrée: bruschetta con genovese e fonduta di parmigiano. Detesto la genovese e le cipolle, ma riesco a mangiarla perché la fonduta ne ammorbidisce parecchio la spigolosità, a dimostrazione che la prima regola, quando si va in un ristorante gourmet, è non avere pregiudizi e dimenticare, a meno di allergie, tutti i “non mi piace” di questo mondo. Un bravo chef sa come dosare gli ingredienti per non renderli predominanti e creare un insieme delicato a misura anche dei palati più riluttanti.

Bruschetta con genovese e fonduta di parmigiano

L’antipasto si chiama “Tonno Tonno Tonno“, ed è ventresca cruda tagliata a velo bagnata da un’aria di brodo dashi ai ricci di mare e un finger che riproduce il vitello tonnato: uno spettacolo autentico.

Tonno, tonno, tonno

Per primo, spaghettoni ai ricci di mare con crumble di mandorle, quinoa e cardamomo: la pasta è al dente come piace a me e l’insieme regala una salinità che ricorda immediatamente il profumo e il sapore del mare.

Spaghettoni ai ricci di mare con crumble di mandorle, quinoa e cardamomo

Il capolavoro assoluto è il secondo di pesce, ovvero rombo condito con salsa ai carciofi, vitello ed aglio dolce accompagnato da un carciofino arrostito. Una squisitezza: la salsa non solo non copre, ma dona al piatto uno spettacolare odore e sapore di forno a legna o spiedo appena acceso. Che non fa a cazzotti con la delicatezza del pesce.

Rombo condito con salsa ai carciofi, vitello ed aglio dolce accompagnato da un carciofino arrostito

A seguire, arriva l’agnello: l’impiattamento è un’opera d’arte, la carne è tenera e cotta a puntino, il soufflè di capasanta è squisito…ma la salsa alla liquirizia forse dà una nota troppo amara. Peccato. Anche questo piatto è accompagnato da due finger: un microkebab di agnello in pita (geniale) e una frittellina di stracotto di agnello e finocchietto che sgrassa e pulisce la bocca alla perfezione.

Agnello con capasanta, cavolfiore e liquirizia

Dopo un assaggio di Tarte Tatin con gelato al caramello, giunge il momento del dessert, ovvero un cremoso di provolone del monaco con caki, crumble di cantucci e una grattatina di tartufo nero. Quest’ultima, è la nota che dà genialità al dolce. Il formaggio si sente, eccome. E con i caki è un abbinamento davvero ben riuscito.

Cremoso di provolone del monaco con caki, crumble di cantucci e grattatina di tartufo nero

Finita qui? Neanche per sogno. Se il pranzo si apre con i finger salati, si chiude con quelli dolci. Arrivano cinque mini-pasticcini:
“Tarte au citron” : base sablé con meringa all’italiana aromatizzata al lime;
“Ananas e Fava Tonca” : cremoso all’ananas e fava tonca su biscuit al cioccolato;
Krapfen con crema pasticciera e amarene;
“Pane olio e cioccolato”: cialda di pane ripassata in padella con burro di cacao, cremoso al cioccolato fondente e gelée all’olio di oliva;
Cremoso al caramello salato e noce

Fingers dolci

Dopo il caffè, scambio qualche parola con lo chef Nicola Somma (sono pronto a giurare che mi abbiano scambiato per un critico gastronomico in incognito, poiché ho mangiato solo e ho scattato una sequenza impressionate di fotografie) e il signor Andrea, padre dello chef Antonino che fa da supervisore alla struttura, che mi parlano del progetto e mi svelano qualche passaggio dei piatti appena degustati. Conto senza sorprese: 95€ il menù degustazione di 5 portate, “soprese” incluse, 40€ per l’agnello extra, 10€ per due San Pellegrino da un litro e 4€ per il caffè. 149 euro che valgono tutto il pranzo. Posso tornare a casa sazio e soddisfatto, senza necessità di un panino con la mortadella di rinforzo. Ha proprio ragione lo chef Cannavacciuolo: “Se qualcuno esce da Villa Crespi e dice che ha fame, lo rimetto in cucina a mangiare”

* Dichiaro che questo articolo è frutto della mia esperienza e che rappresenta la mia opinione autentica, e che non mi sono stati offerti incentivi o pagamenti da tale azienda per scriverlo. Menu e prezzi si riferiscono ad ottobre 2021

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