Perché NON fare una crociera?

Perché NON fare una crociera?

C’è una vacanza dove il cattivo gusto regna incontrastato, insieme ad atmosfere dozzinali spacciate per lusso ed eleganza che riportano immediatamente alla mente gli scenari dei matrimoni celebrati al Castello delle Cerimonie. Se una volta era considerato un viaggio d’elite, oggi la crociera è diventata un prodotto popolare, alla portata di tutte le tasche e di tutti i ceti sociali e culturali. Abbattimento del costo del biglietto d’imbarco, costruzione di casermoni galleggianti da 5.000 persone più e politiche prezzi favorevoli alle famiglie con bambini hanno alimentato il processo di imbarbarimento dell’utenza, oggi non più costituita da arzilli vecchietti con tanto tempo libero a disposizione, ma da coppie tamarre in viaggio di nozze o anniversario, prolifiche famiglie meridionali e rumorose comitive spagnole in viaggio organizzato. Di romantico, nulla. A parte i cigni e i cuori intrecciati che i cabinisti disegnano con la vostra biancheria fresca di bucato mentre siete a cena. Nessuno spazio tutto per voi, nessuna spiaggia di fine sabbia bianca dove rilassarsi quando la nave è all’ancora. A meno che non abbiate il coraggio di gettarvi nelle gelide tinozze che osano chiamar piscine, l’unico bagno che sosterrete sarà quello di folla. Per avere l’idea del sovraffollamento, fatevi due conti: ogni anno le principali compagnie di crociera varano una nuova ammiraglia, con un ponte passeggeri in più rispetto alla precedente, ma la stessa superficie di aree comuni. Non ci vuole un matematico per capire ciò cosa comporti: tra una nave d’ultima generazione durante la navigazione (quando tutti sono giocoforza a bordo) ed una strada principale di Hong Kong, non passa nessuna differenza. Gente addosso, gente ovunque. Gli ascensori non sono molti, e la loro attesa è paragonabile a quella di un autobus urbano in una metropoli italiana, specie se si deve raggiungere un’area del castello di poppa dove ad arrivarci è solo un impianto. Minuti lunghi, interminabili. E, quando finalmente si degna di arrivare, spesso ha già superato la capienza massima e la corsa a bordo ricorda un viaggio in un carro bestiame della Circumvesuviana. Si fanno file praticamente ovunque, per qualsiasi cosa. File per scendere dalla nave, per risalire (quando dovrete sempre subire la rogna di un particolare metal detector che cerca bottiglie d’acqua anziché armi), per i controlli di sicurezza gestiti da gorilla israeliani stupidi come un tonno che non sanno parlare né italiano, né inglese, per prendere posto a teatro ed assistere ad uno spettacolo triste quanto quello dell’equipe d’animazione del più scalcinato villaggio della Calabria Ionica, per pagare il conto. Ma soprattutto, per servirsi al buffet, trovare un tavolo libero o un lettino non ipotecato da un asciugamano. E questa calca continua è una calamita per virus e batteri. Funziona più o meno così: un bambino malaticcio e con difese immunitarie precarie si tuffa nella piscina gelida, si ammala e diffonde i germi, complice gli sbalzi di temperatura e l’aria condizionata sempre a palla, a tutti i passeggeri della nave, soprattutto nelle aree comuni e negli ascensori. Con il risultato che, da una crociera, è impossibile tornare senza almeno un raffreddore!

Perché non fare una crociera

Tornando a parlare del buffet e della cucina, avrete senz’altro ascoltato i mirabolanti racconti di crocieristi incalliti (una specie di setta dell’orrido) che decantano montagne di cibo delizioso tali da farvi sbarcare con qualche kilo in più. La quantità c’è, su questo nessun dubbio. Ma la qualità lascia a desiderare. Facile tessere giudizi lusinghieri per chi è abituato a spendere al discount o non sa/non vuole cucinare e mette sullo stesso piano (tanto è la stessa cosa!) il Pata Negra ed il prosciutto di montagna in offerta. Ma, chi ne capisce un po’di gastronomia e tecniche culinarie, percepirà subito di trovarsi nel bel mare (sic!) di una raffazzonata cucina internazionale spacciata per gourmet. Al buffet puoi trovare di tutto: pasta scotta che si decompone in scaldavivande d’acciaio che provano a mantenerla calda, carni di pollo e maiale (le più economiche) dure come il marmo e secche come il Sahara, pesce decongelato, pizza al siluro industriale* cotta nel forno elettrico, mozzarelline insapori ottenute da cagliata in polvere, formaggio di importazione, salumi più ricchi di nitrati e nitriti che di carne suina, hamburger, hot dogs, montagne di patatine fritte (i bambini, i bambini! Ci sono i bambini!) ed altro junk food. E poi insalate, insalatine e insalatone, assemblabili con tutto il verdurame del mondo (tanto costa poco!). Frutta di serra che sembra di plastica per quanto è perfetta, e infine dolci, tantissimi dolci. Così tanti da far venire il diabete. La cena con il servizio al tavolo è un’autentica presa per il culo: non solo sei costretto a condividere il desco con sconosciuti in tavoli circolari da 8-10 persone in stile viaggio in pullman della parrocchia (fanculo la privacy!), ma per quasi due ore sei sequestrato in un ristorante apparentemente elegante, con tovaglie di candido lino, drappi barocchi e luci soffuse, dove un esercito di camerieri asiatici (filippini e non) ed un battaglione di cuochi sfama, di solito in due turni, i quasi 5.000 passeggeri. La carta presenta il menù con toni ampollosi che strizzano l’occhio a un ristorante stellato, ma la realtà è ben diversa dalla presentazione: i risotti sono monoporzioni disidratate che in pochi minuti sono pronte per il consumo, ed un palato attento riconosce immediatamente, assaggiando alcuni primi piatti, la consistenza gommosa e quella sottile crosticina tipica della pasta precotta. D’altra parte, come cucini su una nave per un numero di passeggeri abnorme? I secondi invece cambiano nella forma, non nella sostanza: carni al forno (quella che qui abbiamo definito “carne turistica“) con salsine agrodolci o tranci di pesce accompagnati da un mare di contorni a base di economica verdura per riempire il piatto. In proporzione, 25% di proteina e 75% di inutile guarnizione. E, per concludere, gli stessi dolci del pranzo impiattati o presentati in modo diverso. In ogni caso, a meno che non siate schizzinosi, qualcosa di buono da mangiare la troverete, e di fame non morirete. Ma di sete sì. E già, perché le bevande vi costeranno quanto a Capri o in uno chalet svizzero. Che sia acqua minerale, birra o una bibita a alcolica (il vino non lo menziono neanche, visto che le major crocieristiche sono capaci di vendere una brocca di Tavernello appena spillato dal cartone per 12 euro), vi ritroverete un balzello di servizio applicato ad ogni consumazione, già di per sé care. Come se poi non foste costretti a pagare un forfait mance prima di sbarcare. Inutile introdurre acqua dall’esterno. Ve la sequestreranno perché dovrete bere solo quella venduta a bordo. Meglio quindi ricorrere all’inclusive: 200 euro aggiuntive, da applicare rigorosamente a ogni singolo componente di una cabina (non sia mai si utilizzi una tessera condivisa!), e passa la paura.

Perché non fare una crociera

E dopo cena? Il programma di intrattenimento è sterminato. Se non si ha voglia di andare a teatro ci si può cimentare nei balli latino-americani, nel revival ’70-80, in uno stonatissimo karaoke. E, mentre vi sposterete da un salone all’altro della nave, vi verrà l’istinto omicida nel camminare in fila indiana dietro passeggeri lentissimi che creeranno veri e propri ingorghi pedonali in stile San Gregorio Armeno a dicembre, di tanto in tanto speronati da qualche bambino in libero sfogo. Non mancano le serate tematiche, tra cui il tamarrissimo flower party discotecaro in stile Ibiza e soprattutto la serata di gala. Il non plus ultra del kitsch. Chi vestirebbe mai in giacca e cravatta durante una vacanza? Eppure, gli Anielli e i Calogeri dei paesi dell’hinterland vesuviano e della Sicilia interna, con i loro dialetti dai dittonghi primordiali, regalano uno spettacolo desolante, restaurando il vestito del matrimonio o indossando gessati da mafiosi, cravatte dai colori sgargianti, camicie bianche sbottonate da neomelodici, papillon e smoking dell’anteguerra. Non più sobri gli outfit delle signore, che sfoggiano abiti lunghi e scollati da dee greche, tacchi vertiginosi, gioielli pacchiani ed improponibili chignon uguali al tuppo che accompagna Patrizia a’vasciaiola mentre fa i servizi ascoltando Giusy Attanasio. E non vi dico le scie di profumo fetido che lasciano durante lo struscio dal teatro al ristorante, che va a combinarsi alle puzze di avanzi di cibo in decomposizione, nafta e moquette affumicata ben note a chi è abituato a viaggiare in crociera, rendendo l’aria irrespirabile. Il tutto per cosa poi? Per una foto con il comandante e gli ufficiali vestiti in ridicole giacche bianche di lanapecora ed una cena a base di precotti! Una cena che si conclude con uno dei momenti più iconici della crociera: prima del dolce, il capo animatore spegne le luci e, sulle note dell’indisponente tarantella napoletana, i camerieri sfilano con la “baked Alaska“, una torta gelato decorata con bengala, mentre i passeggeri fanno tintinnare i bicchieri e volteggiare i fazzoletti come nel più folkloristico matrimonio popolare meridionale. E non pensate di poter immortalare questi momenti con la vostra macchina fotografica o il vostro smartphone! Per tutta la crociera verrete tampinati dal fotografo di bordo: un autentico stalker che vi disturberà durante il cocktail di pseudogala, mentre state mangiando, mentre state smadonnando in attesa dell’imbarco o addirittura mentre state partecipando, con il vostro giubbotto salvagente arancione, all’esercitazione di sicurezza, supplizio di Tantalo che renderà la vostra crociera ancora più stressante: siete nel bel mezzo del pisolino pomeridiano, e all’improvviso sentite suonare l’allarme. È il momento di prendere il giubbotto nell’armadio della cabina e correre verso il punto di evacuazione indicato dietro la porta. Sul programma del giorno è ribadita l’obbligatorietà di tale rottura di scatole, ma qualche dubbio in materia vi verrà, quando vedrete il fotostalker pronto a scattare…E non sia mai decidiate di rimanere in cabina! Uno speaker multilingue vi perseguiterà con tutte le istruzioni per la simulazione di evacuazione, ripetendole non in una, ma in cinque lingue diverse! E a quel punto non vi rimarrà altro che fuggire all’esterno e prendere un caffè.

Perché non fare una crociera

Ebbene sì. Perché ogni operazione, su una nave da crociera, è finalizzato al consumo a bordo: il fotografo stalker, la gratuità per i bambini che frignano sempre perché desiderano il gelato o la coca cola, la serata di gala che induce le signore a rivolgersi al parrucchiere di bordo…Ma anche gli itinerari e le tabelle di marcia. Quella che era la tradizionale crociera delle sette perle del Mediterraneo (Napoli, Palermo, Tunisi, Palma di Maiorca, Barcellona, Genova, Marsiglia) è stata snaturata con la sostituzione di Tunisi con l’orrida Malta e l’aggiunta di un intero giorno di navigazione al posto dello scalo alle Baleari. Di certo i passeggeri non possono gettarsi a mare, e sono costretti a spendere a bordo anche solo per abbeverarsi. In alcuni porti (ad esempio Barcellona e Marsiglia) le navi si servono di un molo periferico per attraccare, dal quale i passeggeri, per raggiungere il centro cittadino, sono costretti a servirsi di una navetta a pagamento messa a disposizione dalla compagnia. Per non parlare poi dei nuovi scali-civetta di Savona (Costa) e Monfalcone (Msc): cittadine dove non c’è un beneamato cazzo ed i crocieristi vengono obbligati (a meno di non rimanere a bordo, che per l’armatore non è un dramma) a scegliere un’escursione organizzata nelle non così vicinissime Genova e Trieste. Ma il massimo dello squallore commerciale è stato raggiunto da Msc, che qualche anno fa ha inaugurato Ocean Cay, un’isoletta delle Bahamas di proprietà della compagnia sulla quale è stato impiantato un vacanzificio artificiale con spiagge, locali e negozi dove fanno scalo per una giornata tutte le crociere ai Caraibi. Per la serie: come friggere l’etica condendola con la stupidità dei gonzi! Etica che è già stata brutalizzata dall’inesistente sensibilità verso l’ambiente di questi ingombranti grattacieli galleggianti, che bullizzano ecosistemi delicati come la laguna di Venezia per l’inchino al Campanile di San Marco e sprecano tonnellate di cibo e risorse alimentari. Ma, in fin dei conti, che cazzo di vacanza è la crociera se non una sorta di collegio dove sei ospite di chi ti vorrebbe vendere anche la riproduzione del bullone AC56Q-B7 del compartimento di prua e ti regala poche ore d’aria in città che meritano una visita ben più lunga delle canoniche 7-8 ore (quando va tutto bene) di sosta? Un fanatico crocierista potrebbe confutare questo ragionamento e descrivere la crociera come una vacanza dove puoi visitare più posti in una settimana ed essere servito e riverito, ma come puoi prendere sul serio un limone spremuto che, invece di raccontare di essere stato a Istanbul, Mykonos e Santorini, va dicendo di essere stato sulla Costa Minchia e di averla trovata più bella della Msc Fetenzia, ma non della Royal Tamarrian su cui invece prevede di imbarcarsi l’anno successivo? Ecco perché chi è abituato ai viaggi veri e si fa attrarre per una ed una sola volta da una vacanza diversa su un albergo navigante, ride due volte: quando arriva e quando se ne va.

Perché non fare una crociera

* il siluro è un formaggio a pasta filata industriale, dall’equivoca forma e il costo sostenuto, utilizzato sovente in sostituzione della mozzarella nella preparazione di una pizza

2 responses to “Perché NON fare una crociera?”

  1. luigi 46 ha detto:

    Non ci sono da fare commenti ha espresso in modo chiaro e circonstanziato la situazione delle crociere. l’idea di fare una crociera mi fa venire l’orticaria. le crociere come tutte le cose di questo mondo devono essere a dimensione d’uomo vivibili e interessanti, non devono fare + di tre scali con mete di un certo interesse.Personalmente non andrò mai neanche gratis,odio la nave e la confusione.
    Un esempio quando vado in grecia e prendo il traghetto quindi una nottata mi rinchiudo in cabina perchè vedo tanta gente che girano per la nave come zombi questo mi da un fastidio enorme.
    NO GRAZIE

    • wp_5664196 ha detto:

      Hai ragione! Per quel che riguarda la Grecia: o aereo, o giro attraverso la ex Jugoslavia in auto. Ma traghetto, MAI! Anche quando vado in Sicilia, preferisco tutta la vita percorrere la Salerno-Reggio Calabria (magari di notte) con i suoi sempiterni cantieri.

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