Gli sciatori: eroi o masochisti?
C’è qualcosa di profondamente affascinante negli sciatori. Forse è il modo in cui si avventurano sulle piste con la stessa sicurezza di un gatto che cammina su un filo. O forse è il loro abbigliamento, che sembra uscito direttamente da un catalogo di moda degli anni ’80. Ma la vera domanda è: perché lo fanno? Immagina la scena: un gruppo di sciatori al bar del rifugio, tutti con il casco in testa. Perché? Forse temono che una valanga possa colpirli mentre sorseggiano il loro vin brulé (non c’è nulla come una bevanda calda e un po’ di alcol per scaldare il corpo dopo una giornata al freddo. Peccato che a volte li renda un po’ troppo spavaldi sulle piste). O forse il casco è diventato un accessorio di moda indispensabile, come gli occhiali da sole in discoteca? E poi c’è quella teoria strampalata: il casco è l’auto-tune del cervello di gallina degli sciatori, sempre pronto a intonare i loro pensieri sessisti e a proteggerli in caso di rivalsa delle divinità a seguito di una delle tante bestemmie estratte dal loro sconfinato campionario.
E che dire della logistica? Trasportare sci, scarponi, bastoncini, casco, maschera e altri ammennicoli è un’impresa degna di un contorsionista. E non dimentichiamo i costi di tutto questo, che si aggiungono a quelli del mutuo richiesto per lo skipass! Gli sciatori sembrano sempre impegnati in una lotta epica contro la gravità e il buon senso. E quando finalmente arrivano in hotel, scoprono che devono cambiarsi in una stanza minuscola, cercando di non cadere mentre infilano gli scarponi. Inoltre, spesso si trovano a dover camminare per centinaia di metri con tutta l’attrezzatura, come se stessero portando il peso del mondo sulle spalle. Ma il vero dramma arriva quando gli sciatori tornano in albergo dopo una giornata sulle piste. Con le mutande bagnate e la tuta fradicia, sembrano più dei naufraghi che degli atleti. Eppure, nonostante tutto, continuano a sorridere. Forse è l’aria di montagna, o forse è la grappa che scorre a fiumi. Senza dimenticare le inevitabili cadute: c’è lo sciatore che cade con la grazia di un sacco di patate, rotolando giù per la pista come se fosse in un film di comiche. Poi c’è quello che, dopo una caduta spettacolare, si rialza con un sorriso imbarazzato, cercando di far finta che fosse tutto parte del piano.
In fondo, gli sciatori sono un po’ come i supereroi: affrontano sfide impossibili, indossano costumi improbabili che li rendono simili a tanti omini Michelin al Carnevale di Rio e, nonostante tutto, riescono a divertirsi. E noi, spettatori increduli, non possiamo fare altro che ammirarli e chiederci: ma chi glielo fa fare? E forse, dopotutto, la risposta sta nel semplice piacere di sfidare se stessi, di affrontare la natura in tutta la sua bellezza e crudeltà, e di trovare un senso di realizzazione personale. Però, per quanto mi riguarda, preferisco ammirarli dalla vasca idromassaggio di un’accogliente spa, con uno spritz in mano e le mutande ben asciutte. Sì, perché mentre loro combattono contro il gelo e la fatica, io opto per una vacanza all’insegna del relax: una spa, il mare o un tranquillo trekking urbano. La montagna? Al massimo d’estate. Perché una vacanza, in fondo, tutto deve essere tranne che una fonte di stress.